Nella sua “Grammatica della Fantasia”, Rodari chiude la sua introduzione con queste parole:
“…io spero che il libretto possa essere utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola. “Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal buon senso democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.”
Pensando a queste parole e cercando un modo per rompere l’isolamento imposto da questo momento storico ci siamo domandati: cosa può fare la musica nella scuola?
Il processo d’isolamento sociale sta accelerando velocemente. Tendiamo sempre di più a fare tutto dietro ad uno schermo e ci sono sempre meno occasioni per coltivare le relazioni sociali.
In questo periodo, diventa fondamentale utilizzare la musica all’interno della scuola per creare empatia e calore umano.
Cosa possiamo fare?
Si può utilizzare la propria conoscenza intuitiva della musica per creare percorsi didattico musicali innovativi.
Quando parliamo di “conoscenza intuitiva della musica” stiamo parlando di quelle abilità innate che ci permettono di fare musica senza sapere la teoria.
Per iniziare un percorso a volte basta un cambio di paradigma. Non serve nemmeno un’esperienza pregressa.
Non ragiono più nei termini “io insegno musica a…” ma comincio a scoprire come “io posso fare musica con…” utilizzando con maggiore consapevolezza il mio legame innato con la musica.
La conoscenza intuitiva diventa un percorso didattico.
Il nostro legame con la musica è profondo. Sappiamo molte cose ma a volte non sappiamo dare loro un nome.
Tutti battiamo il piede per seguire il tempo quando un ritmo ci prende, ignari che quel pulsare costante si chiama battito.
Sicuramente abbiamo contato “one, two, three, four” per iniziare a cantare insieme in una festa, inconsapevoli che stiamo parlando dell’accento e descrivendo una battuta di quattro quarti.
Inoltre, conosciamo come è fatto un suono. I parametri sonori (timbro, intensità, durata, velocità, altezza) lo descrivono con semplicità. Il suono può essere lungo, corto, forte o piano, alto, basso, lento o veloce… tutti siamo in grado di capire.
La conoscenza intuitiva trova le parole giuste, e la propria esperienza musicale diventa un’esperienza pedagogica.
Battito, accento, parametri sonori: con queste conoscenze si possono fare tante cose.
Possiamo costruire strumenti di percussione con materiale di recupero, possiamo comporre un brano hip hop con le tecniche della “Grammatica della Fantasia” e trovare su internet una base già pronta; possiamo sonorizzare storie e creare un audiolibro; possiamo arrivare alla regione di “Giocatarola” e giocare col suono, il ritmo e le parole per facilitare la lettura; possiamo creare una orchestra di percussioni con le cerniere degli astucci.
Possiamo fare molto di più di quello che sembra. E stiamo parlando solo del ritmo e del suono. Figuriamoci se aggiungiamo la nostra conoscenza intuitiva della melodia e degli accordi…
La cosa certa è che non si può sbagliare. Non c’è niente da correggere. C’è da scegliere insieme come combinare i suoni e coordinare le attività. Fare musica con i bambini diventa un gioco, un’occasione per creare una nuova comunità d’apprendimento dove allievi ed insegnanti trovano nuovi canali di comunicazione.
Music Factory ha già cominciato con una proposta di formazione on-line, di cui è possibile apprezzare i webinar al seguente link.
Un’esperienza formativa che suggerisce un cambio di paradigma. Un percorso che colloca, al centro dell’attenzione, la relazione tra scuola, musica, empatia e calore umano.
Non vado a “insegnare musica a…” ma provo a “fare musica con…”.
Alcune maestre hanno già cominciato a sperimentare e i risultati sono sorprendenti.
In questo momento non si può cantare insieme, non si può suonare il flauto dolce, utilizzare gli strumenti musicali a disposizione diventa macchinoso e complicato. Urge inventare qualcosa di nuovo.
Tutti gli usi della musica a tutti… “Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.”
Alejandro Jaraj / Pierpaolo Muzzolon
Buttonwood Coaching Partners