Learning-by-doing
Learning-by-doing, o “apprendere facendo”, significa acquisire conoscenze attraverso l’osservazione, l’esperienza e la scoperta, superando la distinzione tradizionale tra teoria e pratica.
Gli impatti positivi della metodologia del learning-by-doing nella didattica quotidiana sono molteplici, e in questo articolo vi offriremo spunti e suggerimenti per iniziare a svolgere semplici attività in classe.
Learning-by-doing: conoscere attraverso l’esperienza
Il learning-by-doing è una metodologia didattica piuttosto recente, che negli anni ha contributo a rivalutare il modello educativo tradizionale ponendo le basi per un apprendimento trasversale, più innovativo e, per certi versi, meno canonico, mirato ad offrire a studenti e studentesse una preparazione completa che possa dare loro gli strumenti adeguati ad affrontare il presente e il futuro.
Il learning-by-doing è l’apprendimento del fare: un metodo di acquisizione di saperi e competenze prettamente esperienziale, che fa dell’osservazione, della scoperta e dell’esperimento i punti cardini del processo conoscitivo. Andando oltre la tradizionale dicotomia tra teoria e pratica, che vedeva nel sapere teorico la massima espressione di erudizione, il modello del learning-by-doing promuove l’apprendimento sincrono di nozioni e informazioni pratiche immediatamente spendibili, che aiuta la memorizzazione e l’acquisizione delle conoscenze. In questo quadro di riferimento, uno dei primi punti da sottolineare riguarda un fondamentale mutamento di prospettiva che scardina l’idea dell’insegnamento come trasferimento passivo di sapere da parte dell’educatore, per accogliere la concezione più dinamica di una costruzione della conoscenza collaborativa e partecipativa, legata al contesto in cui avviene il processo di apprendimento. Il movimento, l’osservazione, la manualità, permettono infatti di legare contenuti spesso astratti e fuori contesto a situazioni e problemi reali, associando così l’informazione alla sua applicazione. Una strategia che si caratterizza, inoltre, per il ruolo molto più attivo riservato al discente, cioè colui o colei che apprende, rispetto al modello tradizionale, in cui bambini e ragazzi ricevono le nozioni e i contenuti tramessi dal docente e li conservano per poter affrontare problemi futuri.
I limiti dei modelli educativi tradizionali
Perché la necessità di rivedere le basi dell’attività educativa?
Secondo le teorie pedagogiche di Robert C. Schank, direttore del Institute for the Learning Sciences della Northwestern University (Illinois), che ha sviluppato una strategia di insegnamento che ha definito goal-based-scenarios (GBS) basata sul completamento di task didattici, il modello educativo tradizionale presentava una serie di limiti che approcci più innovativi e goal-oriented (orientati all’obiettivo) hanno mirato a superare.
- Uno dei primi limiti individuati riguarda la mancata acquisizione di skills pratiche da parte degli studenti, soprattutto dei più piccoli, causata da un sistema di apprendimento incentrato sull’impartire una conoscenza di tipo fattuale o concettuale.
- Il secondo problema rilevato riguarda invece la mancanza del motivo (impulso) che innesca il processo di apprendimento: agli studenti veniva sempre chiesto di imparare solo per rispondere all’immediata necessità intrinseca all’attività didattica, come completare i compiti assegnati o ottenere un buon voto alle interrogazioni e test, privandoli di uno scopo “rilevante e significativo”.
- Il terzo limite ha a che fare con il disallineamento percepito tra ciò che si acquisisce in classe e a scuola e il modo in cui quelle stesse informazioni potrebbero essere applicate in contesti e situazioni reali. Supportato da studi specifici sul funzionamento della memoria, Schank sostiene che, nel processo di apprendimento, è molto più efficace ricordare attraverso il ripetersi dell’esperienza, che stimola i meccanismi cognitivi. Il nostro cervello, infatti, associa le informazioni che ci servono all’esperienza condotta: l’osservazione e la sperimentazione diventano allora fondamentali quando si tratta di acquisire conoscenze e abilità solide, in un approccio completo e trasversale. In poche parole, siamo più inclini a memorizzare un’esperienza rispetto alla singola informazione isolata ed estrapolata dal suo contesto.
Tutti limiti che l’approccio goal-based ha cercato di colmare, proponendo una metodologia alternativa che tenesse conto di molteplici variabili e dalla complessità dell’esperienza umana.
Le basi del learning-by-doing
Il learning-by-doing ha ereditato le sue componenti costitutive principali da alcune teorizzazioni del Novecento, da parte di studiosi e accademici i cui lavori si inscrivono nell’ambito della pedagogia: una scienza che, proprio in quel periodo, comincia ad essere considerata autonoma dalle altre discipline, avvalendosi dei contributi della psicologia e della sociologia.
Il filosofo statunitense John Dewey è una figura chiave nell’evoluzione delle metodologie dell’apprendimento; padre del cosiddetto “attivismo pedagogico”, corrente che sottolinea l’importanza del ruolo attivo del discente nel processo di apprendimento. Dewey fondò la propria visione pedagogica sullo stretto rapporto tra l’istruzione scolastica e la democrazia, affermando che un sistema educativo è funzionale nel momento in cui rende gli individui capaci di confrontarsi, co-costruire e migliorare costantemente le regole per un buon funzionamento della comunità, intesa come una piccola rappresentazione della società in cui dovranno poi inserirsi una volta adulti. La dimensione pratica del fare diventa fondamentale per innescare ed allenare competenze trasversali, spendibili nel presente e all’interno della comunità.
«L’esperimento, la manipolazione, il gioco, la narrazione, le espressioni artistiche e musicali
sono infatti altrettante occasioni privilegiate per apprendere per via pratica
quello che successivamente dovrà essere fatto oggetto di più elaborate
conoscenze teoriche e sperimentali.»
DECRETO 16 novembre 2012, n. 254 Regolamento recante indicazioni nazionali
per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione,
a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente
della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89.
Guardando a contributi più recenti, non possiamo non citare l’apprendimento esperienziale teorizzato da David Kolb, educatore statunitense i cui studi si pongono in continuità con quelli di Dewey; l’Experential Learning è inteso come processo nel quale la conoscenza si crea mediante la trasformazione dell’osservazione e dell’esperienza.
Il modello di Kolb è costituito da 4 fasi di apprendimento: esperienza concreta, osservazione riflessiva, concettualizzazione astratta e sperimentazione attiva. Nella prima fase, il soggetto è immerso nel fare, nella sperimentazione e discussione di un evento; l’osservazione produce sensazioni e percezioni su cui il soggetto attiva una riflessione attiva ripercorrendo le caratteristiche dell’esperienza appena vissuta da molteplici punti di vista. L’interpretazione degli eventi porta il soggetto ad elaborare relazioni e concetti che integrano le osservazioni alle teorie di riferimento.
Modello di Kolb
L’ultima fase di sperimentazione consente di testare attraverso l’azione teorie e concetti delle fasi precedenti, generando una nuova esperienza che produce nuovi modi di fare e di pensare.
Inoltre, nel modello educativo di Kolb, vengono evidenziati 4 stili di apprendimento diversi tra loro – divergente, assimilativo, convergente, accomodativo –, frutto del presupposto che non esista uno stile univoco, e che, come individui complessi dalle molteplici inclinazioni personali, impariamo in modi diversi gli uni dagli altri.
DIVERGENTE
Lo stile divergente è proprio di quelle persone che riescono a integrare all’osservazione diretta la riflessione sugli elementi osservati, analizzando una situazione o un fenomeno da molteplici punti di vista. È definito “divergente” proprio per la capacità di individuare soluzioni alternative ai problemi affrontanti, grazie all’elevata abilità di immaginazione. Dal punto di vista sociale, chi apprende in modo divergente riesce a collaborare e a instaurare legami affettivi.
ASSIMILATIVO
Lo stile assimilativo è caratterizzato invece da un alto livello di concettualizzazione astratta: segue infatti un ragionamento di tipo induttivo e tende a focalizzarsi su concetti astratti e modelli teorici piuttosto che sull’utilizzabilità pratica.
CONVERGENTE
Lo stile convergente si focalizza sulla sperimentazione diretta e sull’individuazione di un’unica soluzione corretta ai problemi osservati. In altre parole, chi apprende secondo uno stile convergente riesce ad analizzare diversi input e stimoli per giungere ad un output finale univoco e unitario. In questo caso il ragionamento è di tipo deduttivo, per cui, a partire da idee e concetti generali, chi apprende in maniera convergente si sofferma su aspetti particolari e specifici
ACCOMODATIVO
Infine, lo stile accomodativo predilige l’azione e l’esperienza, focalizzandosi su osservazione diretta e sperimentazione attiva. L’apprendimento è di tipo fattuale, cioè fondato sui fatti osservabili e documentabili, anche a discapito di teorie e concetti astratti che sembrano smentire la pratica. L’intuizione è sicuramente una delle capacità di chi apprende seguendo questo stile.
Come si vede dallo schema, che rappresenta idealmente il Ciclo di Kolb, gli stili di apprendimento si collocano tra le 4 fasi precedentemente presentate, collegate agli ambiti della percezione (esperienza concreta), osservazione (osservazione riflessiva), azione (sperimentazione attiva) e riflessione (concettualizzazione astratta). Uno stile divergente, per esempio, è proprio di chi apprende osservando e imparando dall’esperienza concreta, ponendosi quindi tra l’ambito della percezione e quello dell’osservazione (feel and watch).
Il modello di Kolb risulta molto innovativo, nella misura in cui considera l’apprendimento un processo complesso frutto dell’interazione di diverse componenti.
Proposte per attività laboratoriali
Di seguito proponiamo delle attività pratiche di learning-by-doing che guidano i docenti nel mettere in pratica le 4 fasi di apprendimento elaborate da Kolb nella didattica di tutti i giorni, attraverso semplici esperimenti da fare in classe e che prevedono esperienza concreta, osservazione riflessiva, concettualizzazione astratta e sperimentazione attiva. I laboratori proposti possono essere un primo approccio per testare l’apprendimento esperienziale, dando spunti e suggerimenti per attivare ulteriori attività sia nel contesto classe sia nel contesto scuola.
EducazioneDigitale.it ha inaugurato sulla sua piattaforma didattica I Laboratori di Bianca: una sezione specialistica dedicata a videotutorial gratuiti che vi guideranno, passo dopo passo, nello svolgimento di esercizi pratici, esperimenti e laboratori utili a conoscere più da vicino, attraverso la sperimentazione e l’osservazione, alcuni eventi e fenomeni protagonisti della nostra attualità, in materia di sostenibilità, STEM e benessere; temi che spesso vengono approcciati da un punto di vista prettamente teorico, ma i cui elementi necessitano di essere compresi anche a livello pratico e fattuale.
Sono già disponibili quattro tutorial che propongono attività per comprendere e osservare gli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento causato da attività antropiche:
- Inquinamento da petrolio: il laboratorio permette di riflettere sulle conseguenze dello sversamento di materiali oleosi in mare, verificando gli impatti sull’ambiente circostante e sugli ecosistemi naturali;
- Erosione del suolo: il laboratorio illustra agli studenti come le attività dell’uomo sul suolo, come per esempio il disboscamento, siano dannose sia per l’ambiente sia per l’essere umano, amplificando gli effetti collaterali di fenomeni atmosferici estremi (come le alluvioni);
- Ghiacciai e livello del mare: il laboratorio permette di osservare uno dei fenomeni causati dall’aumento delle temperature: lo scioglimento dei ghiacciai con il conseguente aumento del livello del mare;
- Inquinamento atmosferico: il laboratorio consente di acquisire consapevolezza delle particelle, invisibili ai nostri occhi, che si trovano in atmosfera e che sono pericolose per la nostra salute.