Affettività
Iniziamo quest’articolo con un assunto fondamentale, punto di inizio e obiettivo ultimo della nostra riflessione: l’educazione all’affettività è un bisogno primario anche nella scuola.
La letteratura scolastica e pedagogica pullula oggigiorno di articoli, inchieste, approfondimenti e ricerche sull’educazione all’affettività come necessaria componente della formazione di studenti e studentesse, dai più piccoli – idealmente anche partendo dall’infanzia – ai più grandi.
Questo perché, se da qualche decennio a questa parte grandi passi sono stati compiuti nell’intercettare, soprattutto a scuola, bisogni educativi “nuovi” come la sicurezza, la salute, la tutela ambientale, ormai baluardi dell’educazione, meno immediato può risultare che si senta oggi, come esigenza primaria, un piano per lo sviluppo della sfera emozionale dell’individuo.
Partiamo dalle basi: cos’è l’educazione all’affettività e perché è importante che l’istruzione se ne faccia carico?
Affettività, intelligenza emotiva e altre definizioni
Filosofia, pedagogia, psicologia, neuroscienze: gli ambiti che si occupano delle varie forme di “affettività” sono molteplici, per cui occorre trovarne una definizione chiara che aiuti anche gli educatori a portare avanti in classe percorsi e programmi ad hoc.
Se volessimo dare un primo perimetro di definizione dell’ampio bacino dell’affettività, potremmo dire che coinvolge la capacità di ognuno di noi di riconoscere, comprendere e gestire i propri stati affettivi. Ianes nel volume Educare all’affettività: a scuola di emozioni, stati d’animo e sentimenti (Erikson, 2007), individua un modello generale di affettività tale da non separare pensiero cognitivo e attività emozionale:
“Ormai nessuno pensa più che questi siano due mondi nettamente distinti; la loro interazione è sotto gli occhi di tutti, ma troppo spesso la si legge in modo unidirezionale nel senso che gli influssi negativi che avrebbe l’emotività sul pensiero razionale e sull’adattamento ottimale del comportamento.”
La vecchia dicotomia ragione – sentimento viene così superata da una visione molto meno semplicistica della complessità della nostra vita interiore, in cui anche l’attività affettiva fa parte del pensiero cognitivo.
Fatte queste dovute premesse, il lavoro di Ianes si concentra sull’individuazione di tre componenti principali della vita affettiva: emozioni di base, stati d’animo e sentimenti. La vita affettiva viene considerata come un flusso, un continuum che partendo da un evento scatenante, interno o esterno alla persona, attraversa diverse fasi fino all’elaborazione cognitiva “pura”, dove risiedono le idee e le opinioni.
Le emozioni sono il livello base di questo modello; esse costituiscono una reazione, spesso istintiva e innata, ad un evento esterno (un’aggressione, una perdita, una notizia) o interno, proveniente da pensieri e/o reazioni fisiologiche. Le emozioni di base, secondo gli studiosi, sono fondamentali, comuni a tutte le culture e universali, riconosciute come gioia, sofferenza, rabbia, paura, sorpresa e disgusto. Al livello successivo si collocano gli stati d’animo, che si differenziano dalle emozioni per intensità di reazione e capacità di controllo.
“Se l’emozione è breve, reattiva, intensa e transitoria, spesso non controllata, lo stato d’animo è invece una modalità affettiva più duratura, più stabile, più complessa e ricca di aspetti cognitivi e valutativi […].”
Dato il livello maggiore di complessità, la gamma di stati d’animo è molto più varia ed ampia; ne troviamo alcuni, nella tabella qui di fianco.
Alcuni stati d’animo – stati-toni dell’umore
Anche se confinanti con gli stati d’animo, nei sentimenti entra in gioco una più spiccata elaborazione cognitiva. Essi sono il frutto non solo di emozioni e stati d’animo, ma anche dei nostri valori e delle dimensioni motivazionali della nostra identità.
In questo modello, come si vede, la dimensione affettiva del nostro essere è un complesso sistema di interazione tra elaborazione cognitiva, dalla più elementare alla più strutturata, valorialità e sfera socioculturale.
Intelligenza emotiva
Nel 1995, David Goleman, giornalista scientifico e psicologo, pubblica il volume “Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici”, portando all’attenzione pubblica, sia in ambito psicologico sia in ambito sociale, un concetto introdotto dagli studiosi Peter Salovey e John D. Mayer (1990), i quali la definirono come “La capacità di controllare i sentimenti ed emozioni proprie e altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni.” (fonte)
L’intelligenza emotiva è quindi un’abilità che, accanto alle altre forme di intelligenza, può essere sviluppata, controllata e applicata in modi molti diversi a seconda della persona. Una “mente”, non inferiore, non inaffidabile, ma altra, che ci consente di interagire con noi stessi, con il mondo intorno a noi e con gli altri.
Goleman, ereditando il lavoro condotto dai suoi predecessori, sintetizza in questo modo gli ambiti di competenza dell’intelligenza emotiva:
AUTOCONSAPEVOLEZZA
Conoscenza delle proprie emozioni. È la base per la comprensione psicologica di sé stessi e delle emozioni che scaturiscono nella nostra psiche istante per istanti;
AUTOREGOLAMENTAZIONE
Controllo delle emozioni.
Saperle gestire per regolamentare le nostre reazioni, le nostre scelte e non soccombere all’imprevedibilità;
EMPATIA
Riconoscimento delle emozioni altrui. Secondo Coleman, è una capacità essenziale da sviluppare per praticare l’altruismo e recepire i sottili messaggi sociali che indicano necessità e desideri
ABILITà SOCIALI
Gestione delle relazioni. In maniera quasi speculare rispetto all’autoregolamentazione, l’arte delle relazioni permette
di dominare le emozioni altrui e di interagire con gli altri.
MOTIVAZIONE
capacità di dominare le emozioni. È essenziale per rimanere concentrati e raggiungere i propri obiettivi. È bene sottolineare che l’approccio adottato da Coleman è molto “pratico”. Esso è funzionale ad acquisire le strategie giuste affinché tutti sappiano come essere sempre consci delle proprie attività emotive, in modo da incanalarle al raggiungimento dei propri scopi. In una visione più pedagogica, sarebbe più opportuno puntare l’attenzione sulla necessità dell’ascolto e dell’accettazione di ciò che le nostre emozioni ci vogliono comunicare.
Cosa ci può dire questo modello nell’ambito dell’educazione all’affettività? Che per saper vivere in società, cioè in contatto con l’altro, è necessario prima di tutto conoscere noi stessi e le nostre emozioni.
Educare all’affettività a scuola
Emozioni, stati d’animo, sentimenti: si può imparare a gestirli in modo da orientare, in maniera costruttiva e positiva, l’apprendimento?
La risposta è semplice: soprattutto in ambito scolastico, la prima vera palestra di autodeterminazione e socialità, l’alfabetizzazione emotiva propria dell’educazione all’affettività contribuisce allo sviluppo di competenze umane fondamentali per vivere in comunità: dall’empatia alla comunicazione, dalla gestione del conflitto al lavoro di squadra, dalla capacità di ascolto all’interpretazione dei messaggi non verbali.
E Le abilità affettive fanno parte di quelle cosiddette soft skills, protagoniste oggi del dibattito pedagogico, sociale e, di conseguenza, didattico, necessarie al pieno sviluppo e crescita della persona, affinché possa, ad esempio, relazionarsi con gli altri avendo consapevolezza della propria specificità in quanto individuo. Il sapersi rapportare agli altri, ad esempio, sia in contesti formali sia in contesti informali, presuppone non soltanto la conoscenza delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, ma anche e soprattutto decifrare sentimenti e comportamenti del nostro interlocutore.
In questo contesto, è utile tenere sempre presente che docenti, educatori e professionisti dell’apprendimento devono a loro volta essere adeguatamente formati e preparati affinché possano intercettare le emozioni dei propri allievi, interpretarne i bisogni emotivi e guidarli nella piena realizzazione di sé stessi.
Ora tocca a voi!
Quelle elencate di seguito sono delle proposte di attività laboratoriali da poter sviluppare facilmente in classe per iniziare a lavorare collettivamente sulle emozioni e sull’affettività.
Alla base dell’apprendimento affettivo, come si diceva, si colloca il riconoscimento e la comprensione delle emozioni: saperle definire, capire da dove scaturiscono e le conseguenze del loro insorgere è fondamentale per proseguire nell’allenamento.
INDOVINA CHI
Target: bambini dai 6 ai 12 anni
Istruzioni:
- Assegnate a tutti i componenti della classe il compito di scrivere, su bigliettini di carta, il nome di un’emozione. Ogni bambino può individuarne e scriverne una, consegnandovi il bigliettino una volta finito.
- Raccogliete tutti i bigliettini della classe. Verificate che non ci siano emozioni ripetute o troppo simili tra di loro in modo da avere bigliettini tutti diversi.
- A questo punto, dividete la classe in due gruppi; consegnate il primo bigliettino a uno dei gruppi, il quale avrà il compito di elaborare una definizione condivisa dell’emozione scritta in modo che i compagni del secondo gruppo possano indovinarla.
- La definizione deve essere pensata insieme da tutti i membri del gruppo; nel tentativo di spiegare di quale emozione si tratta, date indicazioni ai bambini di non utilizzare espressioni o frasi in negativo (è un’emozione brutta, che ti fa stare male ecc. ecc.).
Conclusa l’attività, e indovinato tutte le associazioni, organizzate un momento finale di brainstorming per far riflettere bambine e bambini sulle emozioni scelte e sulle definizioni che sono state date, cercando di focalizzare l’attenzione su quali elementi sono stati considerati condivisibili e quali invece meno, soprattutto in riferimento agli aspetti percepiti come “negativi”.
REPORT
Target: studenti di tutte le età
Istruzioni:
- Chiedete ai vostri studenti di realizzare, nell’arco di un periodo definito di tempo (una settimana o un mese), un report sulle osservazioni di situazioni “emozionanti” (affettivamente significative) di cui fanno esperienza a scuola, a casa o in altri contesti. Le situazioni possono coinvolgere in prima persona lo studente o ne può essere anche solo spettatore.
- Ogni alunno creerà sul proprio quaderno una tabella, in cui ogni riga corrisponderà alla situazione emozionale presa in esame; ne indicherà data, ora e luogo. Nelle colonne annoterà i dettagli della situazione osservata o di cui si è fatto esperienza, indicando il numero di persone coinvolte e descrivendone i comportamenti. La tabella conterrà un’ultima colonna, denominata interpretazione che sarà compilata in un secondo momento.
- L’attività prevede che bambini e ragazzi possano lavorare in autonomia anche in contesti extrascolastici, raccogliendo le informazioni in una varietà di luoghi e situazioni. Una volta finito il tempo disponibile per l’osservazione, organizzate un brainstorming in classe in cui confrontare le esperienze di ciascuno, riflettendo su emozioni e comportamenti.
- L’obiettivo del brainstorming è cercare di interpretare, insieme, l’emozione: sia nel caso di un’emozione vissuta in prima persona sia nel caso di un’esperienza osservata. La riflessione si concentrerà sulla molteplicità di reazioni e comportamenti che una stessa emozione può generare in contesti e in individui diversi, a seconda non solo delle differenti esperienze vissute ma soprattutto dell’unicità della vita interiore di ciascuno. Solo dopo il momento del confronto, sarà possibile compilare l’ultima colonna del report con gli spunti e i suggerimenti emersi in classe.